Bergoglio si pronuncia di nuovo sull’omosessualità

Nel libro di Francesco che uscirà la settimana prossima, intitolato “La paura come dono”, viene riferito, da anticipazioni giornalistiche  (https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/01/20/papa-francesco-i-gay-dio-non-rinnega-nessuno-dei-suoi-figli_6a87a055-8038-4c19-a830-957101563cd7.html), che Bergoglio avrebbe scritto queste frasi in riferimento agli omosessuali:

 

Dio è Padre e non rinnega nessuno dei suoi figli. E lo stile di Dio è vicinanza, misericordia e tenerezza. Non giudizio e emarginazione. Dio si avvicina con amore ad ognuno dei suoi figli, a tutti e ad ognuno di loro. Il suo cuore è aperto a tutti e a ciascuno. Lui è Padre. L’amore non divide, ma unisce“.

 

Sia chiaro, è un concetto che ha già espresso più volte, a partire dall’anno della sua elezione quando, interrogato sul tema “omosessualità”, se ne uscì con la famosa frase : “Chi sono io per giudicare?”, che fece capire a tutti che tipo di pontificato ci attendeva.

Vale però la pena di ricordare quali errori nasconda il modo di ragionare di Francesco (nell’ipotesi che le frasi riportate dai giornali ne esprimano fedelmente il pensiero).  Il primo errore consiste nel fatto che dice cose vere, teologicamente corrette, ma unite ad altre sbagliate; ma, soprattutto, egli tace cose che sarebbe essenziale dire.  Di fronte a una casa che sta venendo divorata dalle fiamme se dico: “Questa è una casa” dico una cosa vera, ma se non aggiungo :”Che sta bruciando” in un certo senso sto mentendo.

Commentiamo con semplicità le brevi frasi sopra riportate.

1)   “Dio è Padre e non rinnega nessuno dei suoi figli”. Innanzitutto chiariamo che a rigore può chiamare in senso pieno Dio come “Padre” solo colui che si è unito al Corpo Mistico di Cristo, ovvero alla Chiesa, con la fede e con il Battesimo, divenendo fratello di Gesù e ricevendo l’adozione a figlio. Bergoglio sembra equiparare il credente al non credente, il cristiano al pagano, il fedele che vive nel rispetto della legge di Dio, al fedele che la irride e non se ne cura. Inoltre certamente non è Dio a rinnegare “i suoi figli”, ma, purtroppo, è il figlio che può rinnegare il Padre, come Giuda ha rinnegato Cristo.  Poiché Dio vorrebbe tutti salvi, ma non può obbligare nessuno a salvarsi contro la sua volontà, permette che il peccatore impenitente lo rinneghi anche fino a perdersi eternamente, ovvero a dannarsi.   Il fatto che i dannati soffrano eternamente nel fuoco dell’inferno non diminuisce in nulla la misericordia infinita di Dio, perché in Dio la misericordia si compone perfettamente con la sua infinita giustizia. Inoltre Dio dopo il peccato originale non era tenuto a salvare l’uomo in generale e, a maggior ragione, non è quindi tenuto a salvare quegli uomini che lo rifiutano, lo odiano e si fanno beffe del suo perdono.

 

2)   “E lo stile di Dio è vicinanza, misericordia e tenerezza. Non giudizio e emarginazione”.

Possiamo accettare le belle immagini che dicono che Dio ha uno “stile” fondato su “vicinanza, misericordia e tenerezza”, ovvero che, in sostanza, è amore; ma è del tutto fuori luogo e sbagliata l’idea che Dio -essendo amore- non giudichi.  Anzi è una certezza di fede che Dio essenzialmente giudicherà ogni uomo al momento della sua morte secondo i suoi meriti nel giudizio particolare (che è una delle quattro cose ultime, o novissimi: morte, giudizio, inferno, paradiso).  Si danna chi muore in stato di peccato mortale, si salva chi muore in stato di grazia. Lo stato di grazia implica l’amore di Dio e un profondo rispetto della sua legge; ora la legge di Dio vieta di commettere atti impuri e un omosessuale che dà libero sfogo ai suoi desideri intrinsecamente disordinati non solo commette degli atti impuri, ma ne commette di particolarmente gravi.

Ovviamente non vi è nessuna colpa nell’avere tendenze omosessuali e la persona che si trova in questo stato, ma che si sforza sinceramente -con l’aiuto di Dio, della preghiera più assidua, dei sacramenti della penitenza e dell’Eucarestia- mantenersi  casto, offrendo a Dio la sua croce e chiedendo il suo soccorso, non solo può essere in stato di grazia, ma può anche santificarsi.

Dunque senz’altro Dio usa una grande “misericordia, vicinanza e tenerezza” anche verso gli omosessuali, come verso ogni peccatore, del resto;  ovvero dà sicuramente anche a loro grazie sufficienti a salvarsi, se lo volessero. Ma Dio non li ama in quanto omosessuali, ma nonostante la loro omosessualità, nonostante il loro stato di peccato. Ciò equivale a dire che Dio ama gli omosessuali (come ogni peccatore) nel senso che li spinge a convertirsi, a rinunciare al peccato e così a salvarsi e a vivere eternamente nella sua beatitudine.   Le partole di Bergoglio fanno pensare (o potrebbero far pensare ai semplici) che Dio ama gli omosessuali in quanto tali, ovvero che accetta e approva il loro stato di peccato grave. E ciò abbiamo già mostrato quanto sia assurdo: equivarrebbe a pensare che Dio si è burlato degli uomini quando ha dato loro il Decalogo e che per lui in realtà non esistono il bene e il male, li impone agli uomini per opprimerli come il Demiurgo malvagio delle sette gnostiche antiche.

 

3) Dio si avvicina con amore ad ognuno dei suoi figli, a tutti e ad ognuno di loro. Il suo cuore è aperto a tutti e a ciascuno. Lui è Padre. L’amore non divide, ma unisce”.

Anche qui vale quanto detto prima: senz’altro Dio  ha un cuore “aperto a tutti e a ciascuno”, come il padre del figliuol prodigo evangelico, che è pronto ad accogliere con amore infinito il figlio che torna a lui pentito e che umilmente gli chiede perdono. Ma, appunto, occorre che colui che si era perduto si ravveda e si penta, che si riconosca colpevole e si umili chiedendo di poter tornare “alla casa del padre” e lasciando il peccato che lo aveva spinto ad allontanarsi.

 

Insomma Bergoglio ha ragione se intende invitare tutti i fedeli ad essere accoglienti e caritatevoli verso quei fratelli nella fede che sono feriti da un’inclinazione omosessuale o, al limite, che sono caduti nel vizio dell’omosessualità, ma vorrebbero sinceramente tornare alla pienezza della vita cristiana.  Ma sarebbe una falsa carità quella che si limita ad accogliere senza invitare, con rispetto e delicatezza e nei modi e tempi più opportuni, le persone che vivono nel peccato  a lasciarlo e, con l’aiuto di Dio, a liberarsene. La vera carità infatti, ha di mira il bene ultimo della persona, ovvero la sua conversione e la sua salvezza eterna. Lo stesso discorso vale per i divorziati risposati: vanno accolti, ma non approvando lo stato in cui vivono o immaginando di ammetterli al sacramento dell’Eucarestia.  E’ importante che Bergoglio si astenga dal seminare la confusione fra i fedeli con le sue allusioni incomplete e volutamente equivoche. Il suo compito è confermare i i cattolici nella fede, ribadire l’immutabilità della legge morale, invitare tutti a convertirsi facendo comprendere come a Dio nulla è impossibile e come sia grande e urgente l’esigenza che ogni peccatore, incluso chi è dedito all’omosessualità, si converta e accetti il perdono e le grazie che il Padre sicuramente donerà loro.

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