Il significato nascosto in tutto ciò che ha a che fare con la manipolazione dei riti religiosi della Chiesa cattolica
Del Rito e della sua manomissione

Il significato nascosto in tutto ciò che ha a che fare con la manipolazione dei riti religiosi della Chiesa cattolica

Il 27 novembre, è giunta la notizia che il papa ha deciso di spostare la Santa Messa di Natale alle ore 19,30 del 24 dicembre.  La scelta sarebbe stata presa a causa della ripresa -presunta e più “giornalistica” che reale- dei contagi Covid. Già l’anno scorso la Messa di Natale era stata celebrata alle 19,30  con la scusa di permettere ai romani di tornare a casa prima dell’ora del coprifuoco allora vigente a partire dalle ore 22,00.  Quest’anno però va notato che il coprifuoco  ancora non c’è (a meno che qualcuno non abbia avvisato anticipatamente il Vaticano che ci sarà…visto che  la pantomima governativa sul Covid sappiamo che prevede di fare scelte afflittive e punitive proprio sul Natale, opprimendo e ricattando i cittadini con sadico accanimento).

La spiegazione che il Vaticano avrebbe dato dello strano orario (notiamo per inciso che alle 19,30 di fatto non si può dire di celebrare la Messa di Natale, stante che il 25 dicembre inizia dalla mezzanotte) è che l’orario serale scelto dovrebbe ridurre il numero dei fedeli partecipanti, con il relativo rischio di assembramenti.  Così siamo all’assurdo di una Chiesa a tal punto prona al mondo e alle sue menzogne da modificare gli usi liturgici più santi, manipolando una delle sue feste più belle e importanti, quella di Natale,  con la ridicola scusa di “evitare assembramenti”.  Gli assembramenti in realtà si potrebbero benissimo evitare anche celebrando la S. Messa a cavallo della mezzanotte, come da tradizione, semplicemente limitando gli accessi alla basilica di San Pietro entro il numero di posti predefinito come sicuro.

Lo stesso discorso va fatto per la festa dell’Immacolata, una delle più belle e delle più importanti fra le feste mariane.  E’ stato infatti annunciato che anche quest’anno non vi sarà alcuna celebrazione pubblica, ma che il papa compirà un atto di devozione privato, sempre, ovviamente, con la scusa del Covid e dell’imprevedibile andamento del contagio.  Infine, anche la benedizione solenne che il papa impartisce Urbi et Orbi ogni anno il 25 dicembre, alle ore 12,00, non si sa ancora dove si terrà e in che modalità (pare però escluso che sia data dalla loggia delle benedizioni in piazza san Pietro)

In realtà i modernisti che oggi occupano le più alte cariche della gerarchia vaticana, conoscono perfettamente l’importanza dei simboli e la carica rivoluzionaria immensa che deriva dalla manipolazione, appunto, dell’ordine simbolico. La manomissione dei riti, sia alterandone le rubriche e la struttura, come è avvenuto per la Santa Messa di Paolo VI, sia spostando le date di festività antichissime, come è avvenuto  modificando tutto il santorale, sovvertendo l’anno liturgico, dopo il concilio Vaticano II, sono state una vera aggressione alla Tradizione cattolica.  Ora il Rito, in ogni religione, è di per sé immutabile, esprimendo e rappresentando sempre un rapporto con l’ordine eterno del divino. Cambiare il rito in modo rivoluzionario, sospenderlo o abrogarlo, sfigurarlo, modificare date stabilite da secoli o millenni, cambiare per motivi risibili gli orari delle funzioni più sacre significa sferrare un colpo al cuore del sentire religioso dei fedeli, indebolirne la fede, scoraggiarli e scandalizzarli.  Tornando alla più turpe delle rivoluzioni -la Messa artificiale di Paolo VI- non è un caso che dall’avvento del nuovo messale la frequenza alla Messa sia crollata brutalmente e in modo inarrestabile (in Francia, come noto, è scesa sotto il 4% del totale degli abitanti). I “prodigi del sacrilegio” sono il grande mezzo dei rivoluzionari di ogni tempo, inclusi i modernisti che oggi imperversano nella Chiesa. Il rivoluzionario sa, come per istinto, che se riesce a distruggere i simboli su cui si regge la detestata Tradizione, con essi cadrà tutta la realtà che da quell’ordine simbolico traeva la sua forza e il suo significato.  Ci si può illudere che il cambiamento del rito della Messa, ad esempio, riguardi solo qualcosa di esteriore e storicamente dato e che non può incidere sul dogma, su quanto si crede, che non può alterare la dottrina saldamente posseduta dal fedele. E’ vero esattamente  il contrario: i modernisti che hanno sovvertito la Santa Messa, al pari degli altri riti e usi,  avevano proprio l’obiettivo di cambiare la fede, di oscurarne delle parti, di distorcerne altre attraverso la manomissione della liturgia. La Messa nuova di Paolo Vi  è stato lo strumento scelto per far penetrare nel cuore dei fedeli la nuova dottrina modernista latente e come mascherata nel Vaticano II, imposta universalmente nel post-Concilio.

Il fedele, in modo magari inconsapevole, e perciò tanto più doloroso, ha sentito immediatamente che i cambiamenti erano un segno di decadenza, erano l’annuncio di una rovina ormai imminente e certa e si allontana dall’edificio in sfacelo di una chiesa in cui non riesce più a riconoscersi. Il cambiamento liturgico, dottrinale, morale imposto dai modernisti che hanno occupato la Chiesa durante e dopo il Concilio -cambiamento intellettualistico e astratto, artificiale e non necessario, falso nelle motivazioni e miserabile nelle soluzioni adottate- è il segno inconfondibile di una crisi della fede, se non di un suo crollo, nelle autorità che lo hanno promosso.   L’autorità nella Chiesa dovrebbe infatti  fare proprio l’opposto, ovvero “custodire il deposito” -e con esso i riti che lo incarnano e lo manifestano- e trasmetterlo incorrotto ai fedeli di ogni nuova generazione, difendendolo dall’assalto dell’eresia, dell’errore, della tiepidezza, dell’indifferenza.

Se qualche cambiamento liturgico, inavvertito e molto graduale, può avvenire nel corso della storia, esso deve rafforzare, non distruggere, ciò che il rito vuole significare. Così, ad esempio, di fronte al calo del fervore liturgico, immaginiamo un santo papa che aumenta, non che diminuisce, le genuflessioni del sacerdote all’altare.  Il modernista lavora al contrario: odia la Tradizione e fa tutto ciò che è possibile per profanarla e nasconderla, per farla apparire ridicola o insignificante.

Così, per tornare al nostro tema iniziale, immaginiamo una Santa Messa di Natale restaurata in tutto il suo splendore e culminante a mezzanotte proprio per dare conforto e richiamare all’essenziale  nei tristi tempi della “pandemia”; immaginiamo gli onori pubblici all’Immacolata resi secondo la Tradizione e con il più grande fasto e la più grande solennità pubblica, per invocare il soccorso della Santa Madre di Dio  nei tempi calamitosi che stiamo vivendo. Oggi il mondo, segretamente non aspetta altro che di essere richiamato con forza e soprannaturale vigore alla verità, tutta intera, e non frantumata, di Nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Fra le rovine della civiltà occidentale, in un mondo dove l’aria è resa infetta dalla putrefazione di ogni ideologia e di ogni falso valore, le persone hanno fame e sete di Cristo, non di qualche favoletta modernista sui diritti umani, l’ecologia o i migranti.

I riti della Chiesa devono tornare al loro antico splendore non per un vago e farisaico gusto archeologistico o estetizzante, ma come segno e, al tempo stesso,  mezzo, di un ritorno alla pienezza della fede, alla più ardente carità, alla speranza più viva.

I popoli -e non solo quelli che furono cristiani- hanno bisogno del ritorno del Re; anelano, senza saperlo, al Regno di Nostro Signore; desiderano la dolce compagnia del Salvatore, Sacerdote eterno eternamente Vittima, Agnello immacolato che gli angeli e i santi adorano incessantemente: che coloro che hanno il compito di portare la luce del Vangelo a tutte le genti smettano di nascondere  ciò che debbono rivelare e rendere accessibile, non si ostinino a cercare di estinguere e spegnere il fuoco divorante dell’amore di Cristo per i poveri peccatori.

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