Contro l’uso delle mascherine a scuola

Dal canale telegram di  “Contiamoci!

(Fra parentesi il numero delle note a fine testo) Il 31 marzo 2022 finalmente è stata decretata la fine dello stato di emergenza dalla malattia COVID 19 ma di fatto nulla o poco è cambiato. Dal primo aprile scorso la popolazione scolastica si ritrova attanagliata da rigidi protocolli solo in parte modificati con la perentoria obbligatorietà della mascherina da indossare da parte di tutti i discenti a partire dal 6° anno di vita. All’inizio della dichiarata pandemia, precisamente nell’aprile 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva raccomandato l’uso delle mascherine solo per individui sintomatici, malati e operatori sanitari e non ne aveva raccomandato l’uso diffuso. L’OMS non aveva consigliato l’uso generale delle maschere per la popolazione e addirittura aveva ampliato la sua lista di rischi e pericoli in soli due mesi. Mentre le linee guida di aprile 2020 evidenziavano i pericoli dell’autocontaminazione, possibili difficoltà respiratorie e falso senso di sicurezza, le stesse, modificate nel giugno 2020, avevano rilevato ulteriori potenziali effetti avversi come mal di testa, sviluppo di lesioni cutanee del viso, dermatite irritante, acne o aumento del rischio di contaminazione negli spazi pubblici a causa dello smaltimento improprio della mascherina stessa [1-2]. Da studi scientifici, pre-covid-19, risulta che l’individuo portatore di mascherina, subisce un aumento dei livelli di anidride carbonica (CO2) nel sangue (p< 0,05) [3-13], ed è stato sperimentalmente dimostrato un calo statisticamente significativo della saturazione di ossigeno nel sangue (SpO2) (p< 0,05) [14-21] con l’effetto di un conseguente aumento della frequenza cardiaca (p< 0,05), nonché una corrispondente sensazione di esaurimento (p< 0,05). Questi sintomi sono stati accompagnati da un sentore di calore (p< 0,0001) e prurito (p< 0,01) dovuto alla penetrazione di umidità nel dispositivo di protezione (p< 0,0001) dopo soli 90 min di attività fisica [4,9 18,19,21,22] così come un aumento della frequenza respiratoria (p< 0,05) [4, 7, 9, 22, 23].

L’aumento della respirazione di anidride carbonica (CO2) e del volume dello spazio morto in chi indossa la maschera può innescare in modo riflessivo un incremento dell’attività respiratoria con un aggravarsi del lavoro muscolare, nonché la conseguente richiesta aggiuntiva di ossigeno e consumo di ossigeno stesso [5].

I cambiamenti documentati dei gas nel sangue indotti dalla maschera verso l’ipercapnia (aumento dei livelli ematici di anidride carbonica/CO2) e l’ipossia (diminuzione dei livelli ematici di ossigeno/O2) possono provocare ulteriori effetti non fisici come confusione, diminuzione della capacità di pensiero e disorientamento [9, 23-26], comprese le competenze cognitive complessive e la diminuzione delle abilità psicomotorie [6, 20, 25-27].

Quindi il calo dei livelli ematici di ossigeno e anche l’aumento dei livelli ematici di anidride carbonica/CO2 sono considerati come principali fattori scatenanti della reazione allo stress del Simpatico [25,51]. La correlazione tra ipossia, reazioni del simpatico e rilascio di leptina è scientificamente nota [51]. Gli eventi avversi indotti dalla maschera sono relativamente minori a prima vista, ma con l’esposizione corrispondentemente ripetuta e prolungata con condizioni fisiche, chimiche, biologiche, fisiologiche e psicologiche, possono svilupparsi cambiamenti che riducono la salute e in particolare quadri clinici come elevata pressione sanguigna e arteriosclerosi, comprese le malattie coronariche (sindrome metabolica) e le malattie neurologiche. Diminuzione delle capacità psicomotorie, ridotta reattività e compromissione generale delle prestazioni cognitive, confusione, disorientamento, sonnolenza, tutti effetti patofisiologici di chi indossa una maschera [6, 17, 18, 20, 23, 24, 26, 28], possono portare a un mancato riconoscimento dei pericoli e quindi a incidenti o errori evitabili sul lavoro [6,, 23, 24, 18].

Indossare mascherine comporta una sensazione di privazione della libertà e perdita di autonomia e autodeterminazione, che può portare a rabbia repressa e costante distrazione subconscia, soprattutto perché l’uso della stessa è per lo più dettato e ordinato da altri [29]. Provocazione di gengiviti (infiammazione delle gengive), alitosi, candidosi (infestazione fungina delle mucose da Candida albicans) e cheilite (infiammazione delle labbra), soprattutto degli angoli della bocca, e persino placca e carie sono attribuiti all’uso eccessivo e improprio delle mascherine. Il principale fattore scatenante delle malattie orali menzionate è un aumento della secchezza delle fauci a causa di un ridotto flusso di saliva e di una maggiore respirazione attraverso la bocca aperta sotto il dispositivo di protezione. Inoltre, nella parte esterna e interna delle mascherine si sono anche rilevate, in grandi quantità, batteri e funghi gravi e potenzialmente fonte di malattie come E.coli (54% di tutti i germi rilevati), Staphylococcus aureus (25% di tutti i germi rilevati), Candida (6%), Klebsiella (5%), Enterococchi (4%), Pseudomonadi (3%), Enterobatteri (2%) e Micrococcus (1%) [30]. In un altro studio microbiologico, il batterio Staphylococcus aureus (57% di tutti i batteri trovati) e il fungo Aspergillus (31% di tutti i funghi trovati) sono risultati i germi dominanti su 230 maschere chirurgiche esaminate [31]. Dopo più di sei ore di utilizzo, i seguenti virus sono stati trovati in ordine decrescente su 148 maschere indossate dal personale medico: Adenovirus, Bocavirus, virus respiratorio sinciziale e virus dell’influenza [32]. La guida dell’OMS sull’uso delle maschere nei bambini in comunità, pubblicata nell’agosto 2020, sottolinea che i benefici dell’uso delle stesse nei bambini devono essere soppesati rispetto ai potenziali danni, compresi i problemi sociali e di comunicazione [49]. Più recentemente, nell’ottobre 2020, l’assicurazione sociale tedesca contro gli infortuni (DGUV) ha raccomandato limiti di tempo di utilizzo per le maschere comunitarie come per le semimaschere filtranti, con un massimo di 3 turni di 120 minuti al giorno, con pause di recupero di 30 minuti in mezzo. Per le maschere FFP2 (N95), il tempo di utilizzo in Germania è di 75 minuti, seguito da una pausa di 30 minuti. In Germania, per i respiratori utilizzati per motivi professionali, è anche imposto e determinato un ulteriore esame di idoneità effettuato da medici specializzati [50]. I bambini sono particolarmente vulnerabili e possono avere maggiori probabilità di ricevere un trattamento inappropriato o un danno aggiuntivo. Si può supporre che i potenziali effetti negativi della maschera descritti per gli adulti siano tanto più validi per i bambini. In questo contesto, bisogna prestare particolare attenzione alla respirazione dei bambini, che rappresenta una variabile fisiologica critica e vulnerabile a causa della maggiore richiesta di ossigeno, della maggiore suscettibilità all’ipossia del SNC, della minore riserva respiratoria, delle vie aeree più piccole con un maggiore aumento della resistenza quando il lumen è ristretto, e del riflesso di immersione dovuto alla stimolazione del naso e del labbro superiore, con il rischio di arresto respiratorio a bradicardia in caso di carenza di ossigeno. Le maschere attualmente utilizzate per i bambini sono esclusivamente maschere per adulti fabbricate in dimensioni geometriche più piccole e non sono né appositamente testate né appropriate a tale scopo. La mascherina dovrebbe essere indossata in base a specifici criteri di esclusione: qualsiasi malattia cardiopolmonare, incluse ma non limitata a: asma, bronchite, fibrosi cistica, difetti cardiaci congeniti, enfisema; qualsiasi patologia che possa essere aggravata dall’esercizio fisico, inclusa ma non limitata a: asma da sforzo, infezioni del tratto respiratorio inferiore (polmonite, bronchite nelle ultime 2 settimane), disturbi [33] d’ansia, diabete, ipertensione o epilessia/condizioni correlate all’attacco; qualsiasi disabilità fisica dovuta a una condizione medica, ortopedica o neuromuscolare; qualsiasi malattia delle vie respiratorie superiori o rinite sintomatica (ostruzione nasale, naso che cola o starnuti). È anche importante sottolineare i possibili effetti delle maschere nei disturbi neurologici. Ma l’esecutivo nazionale che non e’ legislatore, ha deciso in via indiscriminata che tutti devono portare la mascherina senza alcuna valutazione individuale!

Un recente studio su decine di migliaia di bambini con la maschera in Germania ha permesso ai ricercatori di oggettivare le denunce di mal di testa (53%), difficoltà di concentrazione (50%), perdita di allegria (49%), difficoltà di apprendimento (38%) e esaurimento nel 37% dei 25.930 bambini valutati. Tra i bambini osservati, il 25% presentava un’ansia di nuova insorgenza e anche incubi [52]. Nei bambini, le maschere contribuiscono a mantenere ulteriormente gli scenari di minaccia generati dall’ambiente, in alcuni casi persino a intensificarli ulteriormente e in questo modo si acuisce lo stress esistente (presenza di paure subconsce) [48] Questo, a sua volta, può portare a un aumento delle malattie psicosomatiche e di quelle legate allo stress [34,35] Secondo una valutazione, il 60 % dei portatori di mascherine aveva livelli di stress del grado più alto 10 su una scala da 1 a un massimo di 10. Meno del 10 % dei portatori di mascherine intervistati aveva un livello di stress inferiore a 8 su un possibile 10 [34]. Poiché i bambini sono considerati un gruppo speciale, l’OMS nell’agosto 2020 ha anche emesso, sull’uso delle mascherine nei bambini nella comunità, una linea guida separata, nella quale fa notare esplicitamente, considerate le limitate conoscenze dei politici e delle autorità nazionali, che l’utilità dell’uso della maschera nei bambini deve essere valutata rispetto ai potenziali danni associati all’uso della mascherina stessa , compresi la fattibilità e il fastidio, nonché le considerazioni sociali e di comunicazione [49]. Secondo le ultime ricerche, una respirazione indisturbata è essenziale per i sentimenti di felicità e per una sollecitazione sana [53,54], ma le mascherine agiscono contro questo. Già nel 1983, l’OMS ha descritto la “Sick Building Syndrome” come una condizione in cui gli occupanti di un edificio subiscono effetti acuti rilevanti per la malattia che aumentano con il tempo di occupazione, senza cause o malattie specifiche [55, 56]. La sindrome colpisce le persone che passano la maggior parte del loro tempo in ambienti chiusi, spesso con livelli di CO2 impercettibilmente elevati, e sono inclini a sintomi come aumento della frequenza cardiaca, aumento della pressione sanguigna, mal di testa, affaticamento e difficoltà di concentrazione [25 ,56]. Poiché si può supporre che i bambini reagiscano ancora più sensibilmente alle mascherine, la letteratura suggerisce che le mascherine sono una controindicazione per i bambini con epilessie (iperventilazione come causa scatenante delle crisi) [36] Nel campo della pediatria, bisogna anche prestare particolare attenzione, causa l’uso di questi dispositivi, degli effetti psicologici, psichiatrici e sociologici, con possibile scatenamento di attacchi di panico dovuti alla reinspirazione di CO2 in caso di predisposizione, e anche del potenziamento delle paure claustrofobiche [37-39,57], disturbi della comunicazione verbale [40,41] e non verbale e quindi dell’interazione sociale è particolarmente grave per i bambini. Le mascherine limitano l’interazione sociale e bloccano le percezioni positive (sorridere e ridere) e la mimica emotiva (espressioni facciali) [42]. Rallentamento del pensiero, diminuzione dell’attenzione e vertigini [6,9,18,20,23,24,26,28,47], così come gli effetti psicologici e neurologici [58], dovrebbero essere ulteriormente considerati quando le maschere sono obbligatorie a scuola e in prossimità dei trasporti pubblici e non-pubblici, anche per quanto riguarda un possibile aumento del rischio di incidenti (vedi anche effetti collaterali e pericoli per la salute sul lavoro) [6,18, 20,23,24]. A causa della composizione, per esempio, delle maschere chirurgiche monouso, con polimeri come: polipropilene, poliuretano, poliacrilonitrile, polistirene, policarbonato, [33] polietilene e poliestere [59], in mancanza di strategie di riciclaggio e smaltimento, attualmente non sufficientemente regolamentato nei paesi occidentali, si può andare a finire in una crescente sfida globale, anche sotto gli aspetti ambientali [60]. I polimeri monouso menzionati sono stati identificati come una significativa fonte di inquinamento, da plastica e particelle di plastica, di tutti i cicli dell’acqua fino all’ambiente marino [61]. Un fattore significativo di pericolo per la salute è l’apporto, nella catena alimentare, dei rifiuti delle maschere degradati in microplastiche. Analogamente, i rifiuti macroscopici contaminati dei dispositivi monouso – soprattutto prima del degrado microscopico – rappresentano un ulteriore mezzo di diffusione di microbi (protozoi, batteri, virus, funghi) in termini di patogeni invasivi [30-32, 43,62]. In un articolo apparso su The Guardian il 6/04/2022 (https://www.theguardian.com/environment/2022/apr/06/microplastics-founddeep-in-lungs-of-living-people-for-first-time) è messo in evidenza la presenza di microplastiche nel tessuto polmonare profondo prelevato da pazienti durante operazioni chirurgiche e da cadaveri durante autopsie. I materiali più comuni erano il polipropilene e il polietilene, utilizzati negli imballaggi in plastica e nei tubi. Lo stesso materiale (polietilene) era stato rinvenuto nel sangue umano. Uno studio della Swansea University (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0043135421002311)  ha certificato la presenza di micro e nano particelle di polipropilene e polietilene nelle mascherine e ha posto un problema di sicurezza legato al loro uso prolungato. Le mascherine, che, da due anni, miliardi di persone usano ogni giorno, potrebbero essere il principale responsabile di queste contaminazioni? Mai prima della pandemia erano state rinvenute microplastiche nei polmoni e nel sangue umano. Ricordiamo che nè le istituzioni superiori come l’OMS o l’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), il CDC (Centers for Disease Control and Prevention, USA) o l’RKI (Robert Koch-Institut) tedesco, comprovano con dati scientifici solidi un effetto positivo delle mascherine nel pubblico (nel senso di un tasso ridotto di diffusione del COVID-19 nella popolazione) [2, 44, 45]. Le mascherine, quando sono usate dal pubblico, sono considerate dagli scienziati un rischio di infezione perché le regole igieniche standardizzate degli ospedali non possono essere seguite dal pubblico in generale [45]. La storia moderna mostra che già nelle pandemie influenzali del 1918- 1919, 1957-58, 1968, 2002, nella SARS 2004-2005, così come nell’influenza 2009, le mascherine di uso quotidiano non hanno raggiunto il successo sperato nella lotta contro gli scenari di infezione virale [46,63]. Le esperienze hanno portato a studi scientifici che descrivono già nel 2009 che le maschere non dimostrano alcun effetto significativo per quanto riguarda i virus in uno scenario quotidiano [64,65]. In particolare, nel 1918, si sviluppò una pandemia di influenza denominata “spagnola” che uccise milioni di persone. E quale fu la cura? Distanziamento sociale… mascherine per la bocca e chiusura dei malati in stanze poco ventilate. Dopo aver studiato i rapporti delle autopsie dei defunti emerse che quasi tutti i decessi registrati non furono causati dal virus, ma da un’infezione polmonare batterica, che si contraeva indossando le mascherine per la bocca e inalando la stessa aria espirata piu’ e piu’ volte (nella maschera e nella stanza poco ventilata) indossare le mascherine e chiudere le persone in stanze poco ventilate fu la cosa peggiore che si potesse fare. Tra gli autori di questo studio a riguardo, del 2008, vi e’ l’espertissimo ed illustre Dr. Anthony Fauci (LINK: https://www.dropbox.com/s/ximcsyk5uu7mb41/Predominant%20role%20of%20bacterial%20pneumonia%20as%20cause%20of%20death%20in%20pandemic%20influenza%2010.1086%20-%20591708.pdf?fbclid=IwAR1lslTYNoJxJdy1vqa-1G6SQeXaG8Kw8FWLSGMU0YdZTnKun0P04oavYU)

Nella situazione attuale ci ritroviamo (con la fine dello stato di emergenza la struttura emergenziale e’ stata trasferita, nell’ordinarietà’) imbrigliati nelle disposizione di un Comitato Tecnico Scientifico (CTS) che non ha mai pubblicato un solo studio scientifico su ogni sua decisione presa, limitandosi a stendere verbali e a volte, anche, stranamente, a  secretarli. Un comitato in cui alcuni membri di spicco quali l’immunologo Sergio Abrignani e l’ex vertice Franco Locatelli sono stati coinvolti in presunti conflitti d’interesse. Un Comitato che non ha mai accettato un confronto scientifico con la CMSi (Commissione Medico Scientifica Indipendente) nata 20 mesi dopo l’inizio della pandemia e costituita da illustri professionisti quali Dr. Alberto Donzelli, Prof. Marco Cosentino, Prof. Giovanni Frajese, Dott.ssa Patrizia Gentilini, Dr. Eugenio Serravalle. Il Dr. Donato Greco, consigliere dell’Oms e per un anno componente del CTS, nel corso della trasmissione mainstream “Un giorno da pecora” in onda su Rai Radio1 il 3 aprile scorso, ha confermato uno dopo l’altro i timori di chi ha nutrito sinora scetticismo riguardo alla restrizione liberticide imposte ai cittadini. Lui stesso in tale occasione ha dichiarato: “Abbiamo dovuto suggerire restrizioni di dubbia efficacia scientifica, ma con costi certi.” Risulta illogico e oltremodo illecito continuare ad imporre restrizioni la cui inutilità e’ stata ora confermata anche dagli stessi esperti che le hanno suggerite. Chi pagherà per le proprie responsabilità per i danni causati alle giovani generazioni nei tempi a venire? La Corte costituzionale con sentenza 5/2018 ha chiarito il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica, la quale deve essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica (Corte Costituzionale nr. 169/2017, n. 282/2002, n. 338/2003) su indirizzi condivisi della comunità scientifica nazionale ed internazionale. Il principio di precauzione, i cui tratti giuridici si individuano lungo il segnalato percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi con una valutazione più completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultano maggiormente affidabili, deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura (Consiglio di Stato sez. III n. 6655/2019, sez. IV n. 1240/2018, Cons. Giustizia Amm. Sicilia n. 581/2015). Invitiamo tutte le istituzioni, a noi più vicine, ad intervenire su questa imposizione dei dispositivi di protezione delle vie aree ingiustamente imposte ai nostri ragazzi in ambito scolastico. Le scuole hanno tutte applicato in modo ligio le linee guida imposte dai protocolli covid, compreso il distanziamento di un metro tra un banco e l’altro all’interno delle classi. Per quale motivo si dovrebbe ancora tergiversare su questo tipo di trattamento di sottomissione nei loro confronti? Quale giustificazione SCIENTIFICA al riguardo?

 

ContiamoCi! Rete Nazionale Scuola in Presenza” rappresenta oltre 40 comitati costituiti ognuno da decine di migliaia di persone, nella maggior parte delle Regioni italiane. Siamo infatti diffusi e attivi su tutto il territorio nazionale e stiamo impegnando pro bono il nostro tempo per far sì che venga ristabilita l’evidenza scientifica e lo Stato imponga il rientro in classe dei nostri figli al 100% senza condizioni, facendo valere ragioni giuridiche (abbiamo vinto la maggioranza dei ricorsi al Tar, anche il Consiglio di Stato ci ha dato ragione ad aprile scorso, salvo, incredibilmente, per la situazione in Puglia), e anche e soprattutto scientifiche.

 

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