I pericoli  dell’iniziativa “Un cuore che batte”

L’iniziativa in questione mira a sensibilizzare le donne che intendono abortire e ad aiutarle a comprendere che nel loro grembo custodiscono  un essere umano perfettamente vivo, come dimostra il battito del suo cuore. Le intenzioni di coloro che hanno lanciato questa iniziativa sono sicuramente buone, siamo di fronte a sinceri nemici dell’aborto: su questo non vi è dubbio. Il mezzo scelto nasconde però delle insidie: innanzitutto l’approccio è, per così dire, sentimentalistico: si mira a commuovere la gestante sperando così di spingerla a rinunciare ad abortire; ma che ne è dei casi -ormai maggioritari- in cui la donna abortisce con le varie “pillole del giorno dopo”, quando il concepito ha magari poche ore di vita e non c’è nessun cuore da ascoltare?  Inoltre si rinuncia a un’occasione per denunciare con vigore che la legge 194, essendo una legge ingiusta e maligna, va combattuta in modo radicale e non semplicemente attenuata nei suoi effetti.  Meglio era proporre una legge che chiedesse l’interdizione di ogni tipo di aborto, ovvero l’abrogazione completa  della 194. Anche perché, vista la sicura bocciartura della proposta di legge, tanto valeva scuotere con più decisione le coscienze con la proposta di abrogazione completa, accompagnata da rinnovati sforzi che l’aborto non è questione che dipenda dalla fede cristiana, ma atto che è interdetto a ogni uomo dalla legge di natura. Il nemico non ha avuto alcuna paura negli anni Settanta di proporre questa legge omicida; non si vede perché noi dovremmo essere timidi e incerti nel chiedere che l’aborto torni a essere vietato per legge. La battaglia, ricordiamocelo, è più culturale, che politica e non si può certo condurre con i politici della falsa destra che ci governano attualmente, politici che, non dimentichiamolo, con Salvini sono arrivati a dire, a proposito dell’aborto: “I diritti acquisiti non si toccano”.  Sul complesso tema presentiamo un bell’articolo dell’avvocato di Teramo Massimo Micaletti, da anni impegnato nella lotta contro l’aborto.

 

(Articolo di Massimo Micaletti)  Il giorno 7 novembre scadrà il termine per aderire alla proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte”, lanciata dall’associazione “Ora et labora in difesa della Vita” col sostegno di diverse associazioni del mondo pro Vita italiano tra le quali, ad esempio, il Comitato Verità e Vita. Il Movimento Militia Christi, Generazione Voglio vivere e Pro vIta & Famiglia ma non il Movimento per la Vita italiano.

Il testo della proposta, molto chiaro e che modifica l’art. 14 della Legge 194 introducendo un comma 1-bis è il seguente: “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”.

Ora, qualche riflessione sull’iniziativa, che sta riscuotendo un buon successo nel mondo cattolico più attento alle tematiche della vita nascente.

Parto dai caveat e parto da quello più grave: sebbene le intenzioni della proposta siano buone – limitare l’aborto – ebbene lo strumento in sé è ambiguo e pericoloso. E’ ambiguo e pericoloso perché non tocca la ratio di fondo della 194, anzi la esalta in quanto fa perno sulla consapevolezza ma anche e soprattutto sulla libertà della donna: in altri termini, l’impostazione è che sulla vita del figlio la donna deve poter decidere in modo consapevole e informato, ma deve comunque poter decidere. Senza dubbio non esistono le condizioni per abolire d’un colpo la legge sull’aborto, e senza dubbio, in un’ottica di gradualità, è buona ogni iniziativa che limiti la soppressione del concepito; ma senza dubbio – pure – nell’intento di erodere una norma fondamentalmente iniqua si deve stare attenti a non rafforzarne gli iniqui fondamenti, altrimenti si rischia di fare un passo avanti e quattro indietro[1]. Se per limitare l’aborto si fa leva sulle stesse leve che lo ammettono in modo praticamente indiscriminato, il messaggio che può passare è che sempre e comunque di tratti di una questione di autonomia della gestante mentre l’aborto legale è una barbarie che si regge innanzitutto sull’apparato che la permette e la sovvenziona: non si può chiedere alla 194 di rinnegare la 194.

Per esser più chiari: se la donna, dopo aver ascoltato il battito cardiaco del feto, abortisce lo stesso, la decisione è per ciò solo buona? No! E se non abortisce, in qual misura il tema della legalizzazione e sovvenzione statale dell’aborto ne viene toccato? In nessun modo.

Non dimentichiamo che nella fecondazione artificiale – che, in termini etici, è una sorta di aborto 2.0 – la donna è costantemente informata su tutti i passaggi del concepimento e della vita preuterina (brrr) del concepito ed ha piena consapevolezza che molti degli embrioni impiantati periranno, se non tutti: tuttavia questa (sovra)informazione non salva decine di migliaia di concepiti, ogni anno, dall’essere scartati e distrutti né dall’essere esposti a una tecnica che, per sua stessa natura, ne fa morire molti per farne nascere uno, quando ci riesce.

Aggiungo un’altra censura, certamente molto meno pesante ed incisiva della prima: come si potrebbe, in concreto, “far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso” ove la donna si rifiutasse? E se la donna si rifiutasse di sottoporsi agli esami strumentali tesi a rilevare l’immagine del feto e il battito cardiaco o di prendere atto dei riscontri, quali sarebbero le conseguenze? La proposta di legge non lo dice, non dice se dalla mancata adesione della gestante ai rilievi strumentali discenderebbe il diniego dell’interruzione di gravidanza o solo la responsabilità del medico che effettuasse ugualmente l’intervento. E non è un dettaglio da poco, se l’intento è di “limitare l’aborto”.

Da ultimo: perché “donna” e non “madre” o quantomeno “gestante”, dato che nello stesso testo si parla di “nascituro” e non di “prodotto del concepimento” come farfuglia da decenni la 194?

Ciò detto, la proposta presenta anche profili positivi che val la pena rilevare.

Il primo di questi, manifesto e a chiare lettere, è il fine dichiarato di “limitare l’aborto”: chi firma a sostegno della proposta di legge lo fa perché contrario all’aborto legale. In questo senso, l’iniziativa ha una formidabile valenza di risveglio delle coscienze, in ispecial modo cattoliche, nei confronti di un’aberrazione quale è la Legge 194 che pure alti prelati come il Card. Zuppi difendono: l’effetto è dare atto che molti credenti non ci stanno, che per loro la questione aborto non è affatto chiusa come non è chiusa per coloro che, pur senza il dono della Fede, aderiscano alla raccolta di firme. Chiaramente, perché quest’effetto abbia l’impatto dovuto è necessario che sia dato il massimo risalto ai risultati che la proposta raggiungerà: in questo senso, sono molti ed efficaci i canali di comunicazione pro vita – primi tra tutti, Pro Vita & Famiglia e il Comitato Verità e Vita – che tengono e terranno viva l’attenzione sulla questione, anche bypassando una certa indifferenza dei massmedia “di area”.

Il secondo effetto positivo è la prova della consapevolezza da parte di molte persone che la cultura dell’aborto si regge sulla 194, la quale a propria volta si regge sulla cultura abortiva. Chi difende la vita di tutti sin dal concepimento ha chiaro che il rapporto tra azione culturale e azione legislativa non è in termini di aut aut bensì di et et: l’argomento per cui “non bisogna cambiare la legge ma le coscienze” è erroneo, insidioso e frusto. L’ottica è invece che bisogna cambiare la legge e le coscienze, lavorando su entrambe a difesa del concepito, delle madri e dei padri (e senza compromessi).

Da ultimo, la sensibilizzazione sulla proposta di legge sta riaggregando, nelle parrocchie e nei circoli culturali, un piccolo popolo che da troppo tempo è senza pastore, ravvivando un’azione che non può reggersi solo su uno o due eventi all’anno. Certo, in molti casi si tratta di antiabortismo “di pancia” – mi si passi l’espressione, che non vuol offendere nessuno – ossia che si regge su molte buone intenzioni ma manca della formazione specifica per approfondire le questioni dell’aborto, dell’aborto legale, della situazione della madre, del padre e del medico. Queste persone, che si stanno aggregando e ritrovando grazie all’iniziativa “Un cuore che batte”, meritano poi eventi e iniziative di formazione pro vita all’altezza del loro slancio e questa è una grande responsabilità per tutti quei soggetti che aderiscono alla raccolta firme.

Qualcuno avrà forse notato che, tra gli effetti positivi, non annovero la riduzione degli aborti ove la proposta, raggiunto il necessario numero di firme, venga presa in considerazione dal Parlamento e arrivi a modificare davvero la 194: ebbene, non includo questo punto per il semplice fatto che, allo stato, non c’è nessuna possibilità che il testo di legge venga approvato o anche solo discusso. Faccio questa affermazione non solo e non tanto perché da decenni – dal 1995, esattamente – giace in Parlamento un disegno di legge di iniziativa popolare per riconoscere soggettività giuridica al concepito, disegno cui nessuno ha mai dato considerazione, ma perché pochi mesi fa il Parlamento ha votato compatto contro ogni modifica della Legge 194in melius vel in peius, sicché, nonostante l’iniziativa coraggiosa di qualche parlamentare, peraltro diversa per contenuto e forma, è impossibile che la proposta di legge raggiunga il fine suo proprio.

In conclusione, proprio perché l’impatto che avrà sarà molto più obliquo che diretto, la proposta avrebbe potuto essere giocata meglio, e parecchio, perché tra tutte le possibili ipotesi di erosione della 194 sceglie quella che meno le arreca danno e che anzi la rafforza, facendo leva in ultima analisi sulla libertà della gestante di decidere della vita del nascituro: aderirvi presenta rischi dei quali è bene essere – appunto – consapevoli. Resta alla coscienza di ciascuno comprendere se tali effetti negativi siano compensati e superati dal segnale forte e chiaro che un popolo pro vita esiste e non conta quattro gatti ma decine di migliaia di persone che, firmando, intendono affermare che l’aborto legale sia un male da limitare il più possibile, fino all’eradicazione.

Fonte https://www.radiospada.org/2023/11/un-cuore-che-batte-cosa-chiedere-alla-194/

 

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