La debolezza teologica del sedevacantismo

Più la crisi avanza, più cresce in molti fedeli la tentazione del sedevacantismo: anche a molte persone di buona volontà sembra impossibile ammettere che sia vero Papa un uomo che sembra fare tutto ciò che è possibile per demolire dalle fondamenta quella Chiesa cattolica che gli è stata affidata perché la proteggesse e la custodisse.  Eppure la soluzione del sedevacantismo, che sembra così semplice e lineare, è carica di insidie e di gravi pericoli. La risposta alla crisi del papato e della Chiesa non sta nell’assumere posizioni estreme, ma nel difendere la propria fede crescendo nella vita di preghiera e anelando alla santità. Il giudizio sugli errori e sulle eresie propalate dalle autorità va portato per difendere la propria fede; il giudizio sulle persone va sospeso, lasciando che sia la Chiesa, una volta finita la crisi, a definire infallibilmente le cose.  Di fronte al mistero bisogna anche saper sospendere il giudizio, valutando quale sia la posizione più prudente per difendere la propria fede cattolica e al tempo stesso non cadere in giudizi temerari;   e, in tal senso, bisogna ricordarsi che la crisi della Chiesa oggi è soprattutto un grande mistero, in larga misura inaccessibile alla ragione teologica.  Sul tema alleghiamo un magistrale articolo di un sacerdote francese della Fraternità San Pio X.

 

(articolo  di don Patrick de la Rocque, FSSPX)  Caro Signore, per posta, ha condiviso con me le sue domande relative al sedevacantismo.  Per chi accetta di aprire gli occhi con franchezza e spirito soprannaturale, la situazione che attraversano da mezzo secolo la Chiesa in generale e il Papato in particolare è terribilmente sconcertante. Mentre «lo Spirito Santo fu promesso ai successori di Pietro non già perché facessero conoscere mediante rivelazione una nuova dottrina, ma perché con il suo aiuto custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede» (Vaticano I, Cost. Pastor æternus ), è evidente che i papi recenti purtroppo usano la loro posizione non per questo scopo, ma per promuovere al contrario una dottrina umanista e liberale più volte condannata dai loro predecessori, e non esitano a portare questa utopia alle sue conseguenze più drammatiche. Così abbiamo visto Giovanni Paolo II abbracciare il Corano e invocare San Giovanni Battista per proteggere l’Islam, o Papa Francesco celebrare la Pachamama in Vaticano. Allo stesso modo, i principi morali più consolidati sono ormai scossi, al punto da legittimare la comunione dei divorziati risposati e dei protestanti, o da portare al virtuale dominio della lobby LGBT+ nella lingua ufficiale della Chiesa. Tutto questo avviene solo sulle ceneri della Tradizione cattolica, negata in molti punti, anche nella sua liturgia. Questi Papi hanno anche bandito ufficialmente dalla Chiesa la Tradizione bimillenaria quando hanno condannato coloro che, rifiutando questi principi erronei e le loro conseguenze blasfeme, hanno voluto restare fedeli al deposito della fede che il Pontefice romano sarebbe appunto tenuto a difendere .

Di fronte a questi tradimenti romani apparvero quelle che vengono chiamate tesi sedevacantiste. Prese nel loro insieme, tutte queste tesi rifiutano, in un modo o nell’altro, di riconoscere l’attuale papa(i) come successore(i) di Pietro. Un papa, dicono i suoi sostenitori, non può insegnare l’errore e promuoverlo rimanendo papa. Inoltre considerano “vacante” la “sede” di Pietro, da qui il termine sedevacantismo.

Di fronte a queste tesi sedevacantiste, mi dite, il posizionamento della Fraternità San Pio X appare confuso innanzitutto  perché lo stesso mons. Lefebvre, in diversi suoi interventi, sembra aver aperto la porta a queste tesi sedevacantiste, senza mai esprimersi però veramente.  Questa posizione le sembra vile, poiché secondo lei non è mai stata data una risposta sostanziale alle argomentazioni avanzate dal sedevacantismo; lungi dal fornire queste risposte, i sacerdoti della Fraternità San Pio X seguono la Tradizione. Infine, le sembra contraddittorio che mons. Lefebvre, nella lettera indirizzata ai futuri vescovi nel 1987, potesse scrivere da un lato che “la sede di Pietro è occupata dall’anticristo“, riconoscendo dall’altro Giovanni Paolo II come successore di Pietro, e quindi detentore del potere delle chiavi.

 

Il sedevacantismo: un’opinione fragile, che non può essere imposta praticamente

Per far luce sui suoi dubbi è necessario innanzitutto ricollocare gli argomenti avanzati dai sostenitori del sedevacantismo.

(…) Certamente, da un punto di vista puramente speculativo, potrebbe effettivamente essere sollevata  la questione se un Papa che insegna abitualmente l’eresia e si comporta come un nemico della Chiesa, possa ancora essere Papa oppure no. I teologi non hanno mancato di sollevarlo, soprattutto a partire dal XVI secolo. I sedevacantisti di oggi traggono argomenti a loro favore solo da questi dibattiti. Oltre alla loro visione forse partigiana, dimenticano soprattutto che questo dibattito scolastico resta un dibattito puramente speculativo tra teologi, aperto sì a opinioni divergenti, ma che sono solo opinioni personali.

Ora, cos’è un’opinione? Per definizione è qualcosa che manca di certezza; se certi elementi conquistano in parte l’intelligenza, essi non sono però abbastanza decisivi per obbligarla, e quindi vincolarla. Ecco perché, in ogni teologo degno di questo nome, le opinioni personali, pur rispettando in ogni punto i dati della fede, restano cionondimeno soggette al giudizio della Chiesa: nell’ordine soprannaturale, lei sola è maestra. Lei sola, esponendo attraverso il suo Magistero il deposito rivelato, porta certezza. Pertanto un’opinione teologica, soprattutto quando non è comunemente accettata, non potrà mai porsi come principio dirimente.

Questo è precisamente ciò che i sedevacantisti hanno dimenticato. Elevano la loro opinione personale, inevitabilmente fragile, a giudizio assoluto. Questo è il loro orgoglio, questa è la loro prima devianza: l’anima cattolica, che è per di più teologa, non mira a stabilire la propria sapienza come principio di vita, e ancor meno come principio vitale imponendosi a tutti. La sua ricerca mira a vivere secondo la Sapienza di Dio, trasmessa dal costante Magistero della Chiesa. Tuttavia il Magistero della Chiesa non si è mai pronunciato sull’argomento, e non solo perché non ha avuto l’opportunità di farlo. L’unica cosa che dice il Nuovo Testamento (Ga 2, 11-14) è che Pietro, una volta papa, non sempre camminò secondo la verità, e che san Paolo ritenne suo dovere rimproverarlo pubblicamente.

Inoltre, anche se dovessimo propendere per un’opinione speculativa sedevacantista, sarebbe avventato e pericoloso su un punto così serio da un lato, e così teologicamente complesso dall’altro, trasformarlo in una linea di condotta pratica. Sarebbe ancora più orgoglioso pretendere di imporlo a tutti affermando che solo le messe non una cum (rifiutando di citare il papa nel canone della messa) sono gradite a Dio.

(…) Se non è escluso che un giorno, con la forza degli elementi che ci mancano, la Chiesa dichiarerà antipapa questo o quello di coloro che occupano da mezzo secolo la Sede di Pietro, mai un laico, un sacerdote o un vescovo, per quanto “sapiente” affermi di essere, potrà esprimersi in modo conclusivo su questo ambito.

 

Il nodo della visibilità della Chiesa

Oltre a stabilire come certezza quella che è tutt’al più solo un’opinione possibile da un punto di vista puramente speculativo e non pratico, le tesi sedevacantiste commettono ancora l’errore di basare le loro riflessioni su un inventario parziale, distorcendo ulteriormente il loro giudizio. Se infatti constatano la profondità e la gravità della crisi della Chiesa, dimenticano troppo cos’è la Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo, e trascurano alcune delle sue caratteristiche essenziali; tra le altre cose, la sua visibilità.

È infatti una questione di fede che la Chiesa sia una società visibile. Ciò si registra nel Nuovo Testamento, quando san Paolo dice della Chiesa che sta a Cristo come il corpo sta al capo, e a maggior ragione per il fatto stesso che Nostro Signore ha edificato la Chiesa su Pietro.

La visibilità della Chiesa è sempre stata attaccata, perché c’è sempre stata la tendenza a ridurre la Chiesa alla società dei buoni. Ora, poiché la bontà interiore è invisibile, questi scismatici ed eretici di fatto rifiutavano la visibilità della Chiesa. Così i donatisti (IV secolo), che sant’Agostino confutò ricordando loro che, dalla presenza di Giuda nel collegio apostolico, la Chiesa qui sulla terra sarà sempre composta di buoni e di cattivi. Così più tardi Wycleff (XIV secolo) e Huss (XV secolo) che, di propria iniziativa, esclusero dalla Chiesa i vescovi cattivi, sempre con lo stesso risultato: riducevano la Chiesa ad una Chiesa puramente spirituale, anche se praticamente organizzata, quella dei “puri”. C’è da temere che il sedevacantismo odierno non sia esente da queste trappole. Questa tendenza è tanto più marcata, quando alcuni di essi arrivano a negare la validità delle ordinazioni sacerdotali e delle consacrazioni episcopali effettuate secondo il nuovo rito. Oltre al fatto che tale affermazione è priva di serio fondamento (vedi Le Sel de la Terre , primavera 2023, p. 127 ss.) e ha contro di sé fatti evidenti, ne risulta una pratica negazione della visibilità della Chiesa.

Certamente vi diranno che non negano la visibilità della Chiesa , ma che la trovano nel fatto che ai loro occhi esistono ancora alcuni vescovi e alcuni sacerdoti validamente ordinati. Ma questo non è un effettivo segno della visibilità della Chiesa, tutt’altro. Infatti, i Papi Leone XIII (enc. Satis Cognitum ) e Pio XII (enc. Mystici corporis ) spiegano, nella pura linea della Tradizione, che la Chiesa è visibile non solo perché sono visibili i suoi membri, ma anche e soprattutto perché è visibile nella sua stessa costituzione.

Un’immagine aiuterà a comprendere questa distinzione. Se diciamo che per natura (per essenza) ogni casa è visibile, non è solo perché sono visibili le sue persiane o le sue piastrelle. Possiamo infatti vederle altrove che su una casa, ad esempio presso un commerciante di materiali. La casa è quindi visibile non solo perché sono visibili i suoi elementi (aspetto materiale), ma anche e soprattutto come casa (aspetto formale), perché la sua struttura è per natura visibile: piano terra, eventuale primo piano, tetto, ecc. Così è con la Chiesa. Per affermarne la visibilità non basta dire che i suoi membri sono visibili, che esistono ancora alcuni vescovi e alcuni preti validamente ordinati. Ciò incide così poco sulla visibilità della Chiesa che ci sono vescovi e preti validamente ordinati al di fuori di essa (tra gli ortodossi per esempio), così come ci sono persiane e tegole altrove che in casa. Inoltre, affermare che la Chiesa è visibile significa affermare non solo che i suoi membri presi individualmente sono visibili, ma anche e soprattutto che la Chiesa è visibile in se stessa, per natura, tra le altre cose e in primo luogo per la sua costituzione gerarchica stabilita da Cristo: Papa, vescovi, sacerdoti, fedeli, ecc. Questa Chiesa visibile, che è la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, ha ricevuto le promesse di indefettibilità: le porte degli inferi non prevarranno contro di essa (Mt 16,18).

Le tesi sedevacantiste non riescono più a rendere conto della visibilità della Chiesa nel vero senso dell’espressione. Ciò rende la loro opinione più che sospetta poiché, come abbiamo detto, un parere teologico degno di questo nome deve rispettare in tutto e per tutto i dati della fede, pur restando soggetto al giudizio della Chiesa. Il fatto che i sedevacantisti non sappiano più rendere conto della fede della Chiesa non può non preoccupare e rende le loro tesi molto fragili. Forse avrebbero fatto meglio a seguire il consiglio dei saggi: non cercare ciò che è al di sopra delle tue forze, e non guardare ciò che è al di là delle tue forze. Pensa piuttosto a ciò che Dio ti chiede e non estendere la tua curiosità a tutto ciò che fa; Egli infatti vi ha rivelato molte cose che vanno oltre la comprensione umana, e ve ne sono molti che le loro opinioni hanno sviato, tanto da incatenarsi alla vanità mediante i loro giudizi (Qo 3, 22-26) .

 

I limiti del giusto giudizio 

Infine, l’errore dei sedevacantisti è quello di dare un giudizio che va oltre la loro competenza  – e la nostra! In effetti, c’è giudizio e giudizio.

Certamente, in questa crisi di autorità che attraversa la Chiesa, il giudizio morale è più necessario che mai. Assumendo il buon senso soprannaturale come criterio fondato sull’insegnamento perenne della Chiesa, esso consente di discernere la verità dalla menzogna, il bene dal male, e perfino l’uomo solitamente buono o veritiero dall’uomo generalmente ingannevole e doppio di mente. Un simile giudizio si chiama morale perché è orientato alla condotta di vita: confidare un segreto a qualcuno richiede di sapere in anticipo se questa persona è discreta oppure no. Un simile giudizio morale si dice moralmente buono quando è necessario alla mia condotta (o a quella di chi mi è affidato). È così che non devo giudicare tutto e tutti, ma solo le cose e le persone con cui interagisco, proprio per comportarmi correttamente. Ora questa è davvero la nostra situazione oggi davanti ai sostenitori dell’autorità ecclesiastica, ed è per questo che Nostro Signore ci chiede questo discernimento: “Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi travestiti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci” (Mt 7,15).  Tale discernimento è infatti essenziale per la nostra salvezza: “i falsi profeti sorgeranno in gran numero e inganneranno molte persone. Ma chi persevererà fino alla fine sarà salvato” (Mt 24,11 e 13). In questi tempi in cui tanti individui investiti di autorità, lungi dal servire Cristo, di fatto lavorano per distruggere la sua Chiesa, sarebbe avventato sospendere questo giudizio morale. Lungi dall’essere una questione di virtù, questa omissione sarebbe seriamente riprovevole, come lo pretende ancora Nostro Signore nella parabola del buon grano e della zizzania (Mt 13,24-30): il Maestro non chiede lì di confondere le due cose, prendendole l’una per l’altra; occorre discernimento, altrimenti si rischia di cadere in uno spaventoso relativismo che porterebbe alla perdizione eterna.

Tuttavia, in questa stessa parabola, Cristo mette in guardia contro uno spostamento dal quale i sedevacantisti non possono sfuggire: è così allettante passare dal giudizio morale al giudizio di retribuzione! Dove si trova la distinzione? Se lo scopo del giudizio morale è orientare la propria condotta, esso non consiste nel premiare quella degli altri, anche se riconosciuta come cattiva; questa è la natura del giudizio di punizione, o anche giudiziario. Quest’ultimo giudizio spetta solo a colui che è costituito in autorità, perché solo lui può, con tutta giustizia, imporre una pena al disordine altrui. Anche Nostro Signore rimprovera gli artefici della parabola, proprio perché si preparano a usurpare il giudizio di Dio. Se infatti devono distinguere il grano dalla pula, non spetta a loro bruciare quest’ultima.

I sedevacantisti hanno purtroppo dimenticato la lezione di Cristo. Se gli operai della parabola, volendo devastare la zizzania, estirparla e bruciarla, fermarono il loro braccio vendicatore per ordine del divino Maestro, questo non è il caso dei sedevacantisti. Hanno fatto un autodafé del Papa. Eppure, non più di me e di voi, essi non hanno ricevuto una mandato divino per questo scopo. Non possiamo quindi che rivolgere loro il rimprovero già pronunciato dall’apostolo San Giacomo: “Uno solo è legislatore e giudice, colui che può salvare e distruggere; ma chi sei tu, che giudichi il tuo prossimo?” (Gc 4,12).

La distinzione tra giudizio morale e giudizio giudiziario rimuove la contraddizione che credevi di trovare in monsignor Lefebvre quando da un lato scriveva nel 1987 che la sede di Pietro era occupata dall’anticristo, ma dall’altro continuava ad agire come se colui che occupava questa stessa sede di Pietro fosse effettivamente il ​​suo successore. La prima affermazione riguarda un giudizio morale, la seconda manifesta l’astensione dal giudizio giudiziale. Sì, quanto al giudizio morale, possiamo dire con tutto il rigore del termine, anche se con profondo terrore, che l’attuale occupante della cattedra di Pietro è un anticristo, secondo le stesse parole di san Giovanni: “Ogni spirito che dissolve (che solvit ) Gesù non è da Dio, ma è l’anticristo, di cui avete sentito che deve venire, e che è già nel mondo” (1 Gv 4, 3). Dissolvere Gesù Cristo: è proprio quello che stanno facendo i Papi moderni. Relativizzano Nostro Signore Gesù Cristo, ad esempio negando la dottrina di Cristo Re attraverso la libertà religiosa, o anche attraverso il loro ecumenismo e il loro dialogo interreligioso che non sono altro che relativismo religioso che nasconde il suo nome. Ma per quanto gravi possano essere queste colpe, per quanto pesante sia la responsabilità degli ultimi papi, mons. Lefebvre non si è mai permesso di dichiarare che il papa non era papa; si rifiutò di emettere quello che chiamiamo un giudizio giudiziario.

 

L’atteggiamento di mons. Lefebvre 

Consideriamo la serie di citazioni che i sedevacantisti hanno estratto dagli interventi di mons. Lefebvre per cercare di legittimare le loro posizioni. Se è chiaro che in più occasioni “il vescovo di Econe” ha sollevato la questione, si deve anche riconoscere con me la disonestà del processo dei sedevacantisti. Mons. Lefebvre, infatti, si è sempre rifiutato di permettere che questa eventuale opinione personale si stabilisse come principio di azione, fino a porre come condizione per l’ordinazione sacerdotale il riconoscimento delle autorità romane.

Del resto, il momento in cui, a detta di tutti, sollevò questa questione con maggiore insistenza fu nel 1986, nel suo sermone di Pasqua. Ha accennato all’incontro interreligioso che si svolgerà ad Assisi nell’ottobre successivo, organizzato dallo stesso Papa. Questa notizia scosse profondamente l’ex missionario africano. Inoltre, questo “gravissimo dilemma“, mette in discussione il diritto canonico (il diritto della Chiesa) del 1917, che vietava in modo assoluto qualsiasi partecipazione a falsi culti, al punto da considerare sospettato di eresia chiunque contravvenga a detto divieto. Fu allora che mons. Lefebvre pronunciò la famosa frase più volte citata dai sedevacantisti: «È possibile che siamo obbligati a credere che questo Papa non sia Papa». Ma, nella loro disonestà, omettono le parole che seguono immediatamente: «Perché a prima vista sembra – non voglio ancora dirlo in modo solenne e formale – ma a prima vista sembra impossibile che un papa sia un eretico pubblicamente e formalmente”. Se dunque metteva in dubbio così pubblicamente una possibilità,  rifiutando di pronunciarsi in modo solenne e formale, ancor meno lo fece in seguito, una volta passato lo shock. Un anno dopo, invece, entrò in contatto con queste stesse autorità, che dichiarò di riconoscere.

Di questa predica avrei preferito che i sedevacantisti conservassero le istruzioni pratiche che poi diede Mons. Lefebvre: “Che fare, miei cari fratelli, miei cari amici? Pregare. Di fronte a questa situazione della Chiesa, dovremmo pregare dalla mattina alla sera, giorno e notte, pregare la Santissima Vergine affinché venga in aiuto della sua Chiesa». Da parte loro, pieni di appassionato risentimento, i sedevacantisti non pregano più per il Papa e condannano tutti coloro che lo fanno. Che paradosso!

 

Conclusione: quale atteggiamento pratico dovremmo avere? 

La nostra situazione di figli della Chiesa in questi tempi di prova potrebbe essere paragonata a quella di un bambino il cui padre è affetto da una malattia tanto grave quanto misteriosa, e per di più contagiosa. Nel delirio, questo padre vorrebbe baciare suo figlio e comunicargli la sua malattia. Sarebbe inconcepibile che a causa di questa malattia, anche se contratta volontariamente, questo bambino rinnegasse suo padre. Sarebbe anche vano quanto pericoloso per lui, che non è medico, pretendere di fornire una diagnosi esatta dell’entità della malattia, per imporre i suoi rimedi; lasciamo fare agli specialisti! Da parte sua, si protegga dalle azioni del padre finché permane la sua malattia; suo padre glielo avrebbe ordinato se fosse stato in buona salute, proprio per non farlo ammalare a sua volta. Spetta a questo bambino, secondo le sue possibilità, chiedere ai medici specialisti di indagare sulla malattia di suo padre, per curarlo.

Se qualche paragone è fuorviante, questo ha il vantaggio di indicare quale atteggiamento pratico avere in questi tempi in cui la sede di Pietro sembra occupata dall’anticristo. Diagnosticare l’esatta portata del male non è nostra responsabilità, ed è questione di fondamentale umiltà sospendere il giudizio quando si tratta di sapere se la sede di Pietro è attualmente occupata da un papa o da un antipapa. Lasciamo questo giudizio ai Papi di domani, e imploriamo gli “specialisti” celesti affinché intercedano presso Dio per la Chiesa che, ricordiamolo, sopravviverà a tutta questa malizia: le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (Mt 16,18).

Da un punto di vista pratico, quindi, in mancanza di elementi sufficienti, riconosciamo il/i papa/i attuale/i, tutelandoci dall’influenza micidiale che egli/i vuole esercitare su di noi. Più di duecento Papi, abitati da una fede sana e spesso santa, hanno indicato come vivere da cristiani. Sono loro che dobbiamo ascoltare, e non i cattivi pastori di oggi. È la Tradizione bimillenaria che bisogna seguire, e non le ideologie del mondo che hanno invaso gli uomini di Dio. È importante mantenere l’obbedienza alla fede per tutta la vita, e non l’obbedienza servile ai lupi travestiti da pecore. Questi ultimi, giudichi Dio: “saranno svergognati, perché hanno commesso abominazioni; ma non sanno più nemmeno arrossire, e non conoscono più la vergogna! Perciò cadranno con coloro che cadono; crolleranno nel giorno in cui li visiterò, dice il Signore” (Ger 6,15). E Dio continua subito con noi: “state sulle strade e guardate; conoscere i sentieri antichi: qual è la via della salvezza? Seguitela e troverete riposo per le anime vostre” (Ger 6,16).

 

Fonte : https://www.medias-presse.info/lettre-a-un-fidele-sur-le-sedevacantisme-par-m-labbe-patrick-de-la-rocque-fsspx/180306/

Data pubblicazione in lingua francese: 19 settembre 2023

Traduzione a cura di M. D’Amico

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8 Comments

  • Tommaso Posted Novembre 22, 2023 11:43 am

    Caro professore una domanda: in cosa differisce la FSSPX dai sedevacantisti ? entrambi si comportano come se il Papa non esistesse, infatti mentre i secondi non fanno mistero della loro posizione i primi salvo nominarlo nel canone della Messa all’atto pratico fanno come gli pare riconoscono la sua autorità ma gli disubbidiscono abitualmente (per fortuna). Per esempio ora, presumo, stanno aspettando il permesso per consacrare nuovi vescovi per paura di incorrere in una nuova scomunica, mons. Lefebvre come lei ben sa si comportò diversamente. Concludendo il Papa c’è ma non bisogna ubbidirgli perchè insegna cose eretiche, blasfeme e pericolose per la fede.

  • Paolo Mariconda Posted Novembre 22, 2023 11:51 am

    La FSSPX riconosce Bergoglio e predecessori come papi legittimi ma li contesta continuamente. Si dice continuamente ai fedeli di disobbedire al papa, come da spirito di contestazione del ’68. Ciò premesso, le “opinioni personali” (di domenicani, tomisti, ecc. vissuti nell’arco di più secoli) fatte le dovute distinzioni – per esempio tra errore insegnato privatamente, o pubblicamente – concordano tutte sulla necessità di rimuovere il pontefice eretico (non dai vescovi). Nessuna di esse sostiene che vada lasciato dov’è !

    • Matteo D’Amico Posted Gennaio 3, 2024 6:46 pm

      E quale sarebbe l’autorità superiore che ha il potere di rimuovere il Papa? E’ evidente che non c’è, a meno di non cadere nell’eresia del conciliarismo.

  • Marco N Posted Novembre 22, 2023 3:07 pm

    La ringrazio per la traduzione dell’articolo. Questi temi sono anche affrontati, in forma più estesa, da Don Daniele Di Sorco nel suo “Parole chiare sulla Chiesa”.

  • Pasquale Posted Novembre 22, 2023 3:17 pm

    Esprime con chiarezza, fondamento e completezza la posizione più prudente che bisogna tenere. oggi, a parer mio.

  • Andrea Asson Posted Novembre 22, 2023 6:10 pm

    La questione è che il codice di diritto canonico, sia del 1917 che del 1984, dicono che il chierico che nega una verità di fede è eretico ed è fuori dalla Chiesa. Non è una teoria ma magistero della Chiesa. Non si tratta di opinione pertanto ma di qualcosa disciplinato dal diritto della Chiesa.

    • Matteo D’Amico Posted Gennaio 3, 2024 6:44 pm

      Sì, ma va inteso nel senso che non può ricevere incarichi o giurisdizione un chierico giudicato eretico formalmente dall’autorità competente. Ora poiché il Papa non può essere giudicato formalmente e giudiziariamente da nessuna autorità (Summa potestas a nermine iudicatur) è evidente che non può essere deposto da nessuno, nè giudicato.

  • Daniela Posted Novembre 24, 2023 8:14 pm

    Grazie Don Patrick. Molto chiaro, parole che comunque di fronte a ciò che accade nella Chiesa, nelle sue gerarchie ci danno una via da seguire, preghiera e fedeltà agli insegnamenti di tanti papi.
    Abbiamo bisogno di parole chiare e vere, senza sotterfugi e senza strepiti, parole che ci aiutino a confidare sempre più e solo in Dio.

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