Quale Papa sarebbe necessario oggi alla Chiesa? L’esempio glorioso di san Pio V

San Pio V è Papa quanto mai attuale perché si trovò a dover affrontare la gravissima crisi della Chiesa del suo tempo, con un’Europa flagellata dallo scisma luterano e insidiata ovunque dal proliferare delle tante sette protestanti; divenendo Papa subito dopo il grande Concilio di Trento  dovette affrontare il compito immane di attuare il Concilio stesso e di completare le riforme che il Concilio non aveva potuto realizzare.  In pochissimi anni, con un’attività incessante che ha del prodigioso non c’è elemento della vita civile ed ecclesiastica che non venga da lui purificato e migliorato.  La cosa che va notata più di ogni altra è che il suo operare si fonda su una profonda santità personale, su una vita ascetica senza eguali, su una rettitudine morale così luminosa da obbligare anche i nemici della Chiesa a riconoscerla. Davvero, come del resto ogni santo, era mosso solo da uno straziante e ardentissimo amore per Nostro Signore e la sua Santa Chiesa.  La sua figura va conosciuta perché, nei tempi calamitosi in cui viviamo, dove l’autorità, anche ecclesiale, sembra operare formalmente contro il bene dei sudditi, tutti comprendano di quale tipo di Papa avrebbe bisogno oggi la Chiesa e possano pregare per questo.

 

San Pio V è l’ultimo papa canonizzato prima di San Pio X ed è figura storica di straordinario interesse: vissuto in tempi calamitosi, in uno dei momenti più bui della storia  della Chiesa,  affronta tutte le gravissime questioni che lo stringono da ogni parte  con una carità, una fermezza, un’energia e una lucidità che  affondano le loro radici in una vita tutta protesa soprannaturalmente alla santificazione personale.   Vastissimo l’insieme  delle azioni compiute dal grande papa piemontese, ma  ciò che cercheremo di evocare qui è solo qualche elemento che esprima la cifra profonda della sua santità e del suo stile di governo.

Il futuro pontefice -che verrà canonizzato il 22 maggio 1712-   nasce il 17 gennaio 1504  a Bosco,  a poca distanza da Alessandria,  da Paolo Ghislieri e Domenica Augeria. La famiglia,  profondamente pia e di elevati costumi, era però  povera e  il piccolo Antonio, questo il  nome ricevuto al fonte battesimale, farà anche l’esperienza del pastore, dovendo custodire un gregge di pecore.

La sua vocazione religiosa  è tanto precoce, quanto intensa, al punto che a soli quattordici anni entra nel convento dei domenicani di Voghera  e riceve il nome religioso di Michele. Oltre all’amore per la vita religiosa manifestava una grande inclinazione allo studio.

Il  suo rapporto con l’Ordine Domenicano  sarà sempre intensissimo: ne manterrà sempre l’abito, anche da cardinale; ne rispetterà  la regola con esemplare fedeltà e  amore e sarà lui il pontefice che canonizzerà San Tommaso d’Aquino nel 1567, suprema e imperitura gloria dell’Ordine.

Fin dai primi anni di convento è un religioso perfetto: ha un rispetto assoluto anche della parte più piccola della regola, eccelle in qualunque cosa faccia e viene ben presto paragonato a san Bernardino. Si distingue in particolare per il grande amore alla povertà, per l’attività continua e indefessa, per l’immacolata purezza dei costumi, per la grande umiltà. Si narra che una volta rifiutò un mantello affermando che gli bastava il cappuccio.

Nel 1528 è ordinato sacerdote e ben presto si dedica all’insegnamento della filosofia a Pavia, compito che svolgerà per molti anni.  Sempre a Pavia diviene commissario dell’Inquisizione.  E’ poi Inquisitore a Como e a Bergamo. Diviene il  superiore ideale al quale l’Ordine affida anche i casi di conventi da risollevare o riformare, come accade quando si reca a svolgere l’incarico di superiore a Soncino, borgo   situato vicino a Crema in Lombardia.

Come inquisitore è fermo, deciso, mosso da uno zelo divorante per la causa della fede e per la difesa della sua purezza e integrità. Si narra di un episodio occorsogli quando era inquisitore a Como: dovendo recarsi  attraverso una parte del territorio svizzero infestata dai protestanti, viene  consigliato di lasciare per questa missione l’abito domenicano che lo rende facilmente riconoscibile e lo espone  al rischio di violenze da parte degli eretici. Respinge il consiglio e risponde  di essere pronto a dare la vita se questa fosse la volontà di Dio. E’ intemerato: sostenuto da una fede incrollabile si muove con una sicurezza e una decisione in tutto ciò che fa che obbliga al rispetto anche gli avversari. Ma ciò che spicca di più del temperamento di san Pio V è lo straordinario vigore, la decisione invincibile con cui si  applica a realizzare i suoi doveri: anche ben prima di essere papa, se si convinceva che qualcosa andava fatto e che era sua responsabilità prendere una decisione anche molto difficile, nulla poteva fermarlo.  Nel 1551 il cardinal Carafa, che ne ha capito e ne apprezza le straordinarie doti, lo fa chiamare a Roma da papa Giulio III e lo fa nominare Commissario Generale del Sant’Uffizio Romano.

Quando Carafa, a sua volta, diviene papa Paolo IV, lo nomina vescovo di Sutri e di Nepi nel 1557 e, nell’arco dello stesso anno lo fa cardinale.  Sarà sempre chiamato l’ “alessandrino” e molti si stupirono della sua nomina, visto che non apparteneva a una grande famiglia nobile.   Nel  1558 diviene Grande Inquisitore, ma, sotto il pontificato di Pio IV, cade in disgrazia  e rimane a lungo ai margini della vita della curia romana dedicandosi con ogni solerzia solo ai suoi molti impegni ed incarichi.  Infine nel conclave del 1565 si ha uno scontro duro e prolungato fra san Carlo Borromeo, che controlla un gran numero di voti, e il cardinal Farnese, che aspira al soglio con tutte le sue forze.  Nessuno pensa all’elezione dell’Alessandrino, ma infine, nello stupore generale, Farnese -al quale san Carlo ha detto chiarissimamente che non lo farà papa a nessun costo-  cede e lo mette in una rosa di quattro nomi che gli ha chiesto il santo vescovo ambrosiano. A questo punto, senza alcuna  difficoltà, il 7 gennaio 1566  Michele Ghislieri  viene eletto sommo pontefice e, con immensa umiltà, prende il nome di Pio V, rimanendo in continuità con il papa che lo aveva così duramente messo ai margini e, pare, anche offeso personalmente.

Da papa in pochissimi anni -morirà infatti  il primo maggio 1572, governando in tutto sei anni e mezzo-  mette mano, si può dire, a una riforma universale di tutta la Chiesa, tutto riformando e migliorando, purificando senza pietà, né paura, né rispetto umano  tutto il marciume  che deformava e sfigurava il volto della santa Sposa di Cristo.  E’  lui il grande papa che dà l’impulso decisivo per far diventare vivo e operante il recentissimo Concilio di Trento.

Sono note le grandiose realizzazioni di san Pio V:

fonda la Congregazione dell’Indice; pubblica il Catechismo Romano, detto “tridentino” (1566), fondamento della pastorale e della catechesi  per secoli; promulga il Breviarium Romanum riformato (1568) e il Missale Romanum (1570); dà vita alla Commissione per la revisione della Vulgata (1569), condanna le 79 tesi di Baio, scomunica la regina Elisabetta d’Inghilterra (1570), rilancia l’attività inquisitoriale partecipando di persona  alla maggior parte delle sedute dei processi più importanti,  dà vita alla Lega Santa che porta alla grandiosa vittoria di Lepanto (1571), supporta e finanzia i cattolici francesi nella loro lotta con gli Ugonotti, fa stampare e inviare in tutto il mondo, fino alle più sperdute colonie gli Atti del Concilio di Trento, dando, in generale, nuovo impulso all’attività missionaria.   La cosa però stupefacente, e quasi miracolosa, è che tutte queste azioni del grande papa -ciascuna delle quali sarebbe bastata a  dargli memoria imperitura-  sono  condotte in porto in mezzo a difficoltà continue, di ogni genere e, a volte, di singolare gravità: in particolare  sostiene l’urto continuo e umanamente insopportabile del cesaropapismo di Filippo II e di Massimiliano II, con minacce  di scisma, ricatti, abusi di potere e offese incessanti ai diritti sovrani della Chiesa.

Le grandi azioni sopra ricordate però non gli impediscono di dedicarsi innanzitutto alla più profonda riforma della Curia romana, della città di Roma e dello Stato Pontificio. La sua alta moralità e la sua santità personale gli permettono di esigere  molto da tutti: pretende con norme severissime e  applicate con fermezza  che tutti migliorino i loro costumi: aggredisce  la simonia che infettava la Curia romana e larga parte delle diocesi, il  nicolaismo, ogni forma di nepotismo in tutti i modi.  Per primo dà l’esempio in tutto, non favorendo nessun familiare. La città eterna  è interamente trasformata come costumi: le prostitute sono chiuse in un ghetto, sono rese più severe le norme per limitare i movimenti degli ebrei, il crimine è combattuto  con fermezza.  L’inquisizione processa e condanna alla pena capitale una sessantina  di eretici e gli adulteri e i fornicatori sono puniti e flagellati pubblicamente, uomini e donne, qualunque sia il loro rango sociale. Gli stupratori sono decapitati senza indugio.   La Roma rinascimentale e corrotta, in parte sopravvissuta  anche dopo il Sacco di Roma, finisce con san Pio V, che la trasforma in un “convento universale”: lo riconoscono anche i nemici e i protestanti, stupendosi di come ovunque effettivamente rifiorisca la vita di pietà e la devozione popolare.

Incide col ferro ustorio la Dataria e la Penitenzieria Apostolica, svellendo alle radici  questi focolai perniciosi di simonia e di ogni altra corruzione, dove si erano accumulati  abusi ormai secolari, che sembrava impossibile soffocare.

Riforma in profondità il clero romano con l’aiuto essenziale di Niccolò Ormaneto, grande uomo di chiesa che aveva svolto un ruolo decisivo anche accanto a san Carlo Borromeo, il grande vescovo  di Milano che san Pio V cerca in ogni modo di trattenere a Roma, senza riuscirci,  e che prende  umilmente come modello  di perfetta  applicazione dei Decreti Tridentini, in modo particolare per quanto riguarda il ruolo dei vescovi. Il papa stesso fa davvero il vescovo di Roma e ne visita tutte le parrocchie.

Bisogna però sempre ricordare che il fondamento di questa prodigiosa, per intensità e profondità, attività riformatrice di questo grande  papa è  saldamento posto nel suo sincero e costante fervore, nel suo anelito bruciante alla santità.  Da cardinale la sala più grande della sua casa è trasformata in infermeria per i domestici ammalati, che visita spesso personalmente; il suo domicilio assume l’aspetto di un chiostro, con regole quasi monacali e  il cardinale alessandrino che partecipa alle preghiere della sera dei suoi servi.   Anche da papa mantiene sotto gli abiti pontificali  la sua tunica da frate, che non toglie neppure  quando va a dormire su un duro pagliericcio.  Divenuto Sommo Pontefice  tutte le notti si alzav e  fa la visita dei sette altari della Basilica di San Pietro; se deve prendere una decisione importante, passa la notte in ginocchio a pregare.   Immerso nel neopaganesimo rinascimentale romano, col suo amore  dei piaceri e delle raffinatezze più ricercate, è la disperazione del grande cuoco Scampi, con la sua dieta poverissima consistente in due uova in camicia e del pancotto. Quando i medici gli prescrivono del vino per le sue malattie  -soffriva di una forma dolorosissima di calcoli ai reni, detto “mal della pietra”- ne accetta solo alcune gocce nell’acqua.

Sul letto di morte vuole essere vestito da semplice religioso e, mentre intorno a lui si recitano incessantemente i Sette Salmi penitenziali  e il Santo Rosario, di cui era devotissimo,  lo si sente dire : “Signore  aumenta i miei dolori, ma anche la mia pazienza”.

La vita di san Pio V  come quella di pochi altri pontefici era stata sempre fedele al motto tratto dai salmi che aveva voluto incidere sul suo stemma: “Possano le mie vie  essere dirette a conservare  le vostre giustizie”.

 

 

 

 

 

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2 Comments

  • Marco Posted Novembre 29, 2023 11:13 am

    Ci terrei inoltre a sottolineare il suo impegno nel riunire gli stati cattolici per contrastare l’avanzata ottomana, culminato poi nella vittoriosa battaglia di Lepanto.

  • Paolo Paruta Posted Novembre 30, 2023 5:49 pm

    Sfortunatamente, pare davvero vana la speranza che un papa siffattamente grande, chente fu San Pio V, possa oggi sortire dalle masse d’uomini abitanti ‘l nostro presente Occidente, il quale è oramai del tutto informato ai principii dell’universalismo liberale ‘’all’americana’’ (coltivazione dei diritti umani, del democraticismo laico della volontà generale e del liberismo, quanto all’economia).

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